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- Oltre 1,2 milioni di frammenti > 1cm orbitano intorno alla Terra.
- ISS ha eseguito 3 correzioni di rotta nel 2021.
- Nel 2024, +3.000 nuovi oggetti sono stati aggiunti nello spazio.
Nel contesto spaziale, una problematica sempre più pressante si fa strada: l’accumulo di scarti che orbitano intorno al nostro pianeta. Stando all’ultimo Space Environment Report 2025 dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), la situazione è tutt’altro che positiva, con oltre 1,2 milioni di frammenti di dimensioni superiori a 1 cm e approssimativamente 50.000 oggetti di stazza superiore ai 10 cm che sfrecciano nel cosmo. Queste cifre, presentate pure a Bonn, mettono in luce un problema che trascende il concetto di “immondizia spaziale”, trasformandosi in un pericolo concreto per le missioni spaziali, i satelliti ad uso commerciale e l’esplorazione umana dell’universo.
La minaccia invisibile: collisioni ad alta velocità
La pericolosità di questi residui risiede nella loro velocità. Muovendosi a più di 28.000 km/h, anche una scheggia di dimensioni ridotte può causare danni irreparabili in caso di impatto. Un satellite funzionante potrebbe subire danni ingenti, compromettendone l’operatività e, di conseguenza, i servizi che fornisce. La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è particolarmente esposta, tanto da dover mettere in atto manovre d’urgenza per scongiurare collisioni potenzialmente fatali. Nel solo 2021, la ISS ha dovuto eseguire tre di queste correzioni di rotta in meno di un anno.

La congestione dell’orbita bassa terrestre (LEO)
Uno dei punti critici sottolineati dalla relazione dell’ESA è la saturazione dell’orbita bassa terrestre (LEO), situata a circa 550 km di altezza. Questa zona è particolarmente frequentata a causa della presenza di svariate costellazioni di satelliti commerciali, come Starlink di Elon Musk, usate per le comunicazioni e la connessione internet. L’elevata concentrazione di oggetti in LEO accresce la probabilità di scontri, con la possibilità di scatenare la cosiddetta “sindrome di Kessler”. Questo scenario, teorizzato da Donald Kessler nel 1978, delinea una reazione a catena nella quale le collisioni tra detriti generano nuovi frammenti, rendendo gradualmente inservibili certe orbite. Le simulazioni ottenute mediante il sistema Master rivelano che, all’altezza di 550 chilometri, la quantità di rottami è diventata tale da costituire un reale pericolo per i satelliti operativi.
Misure di mitigazione e iniziative future
Nonostante la serietà della situazione, la comunità internazionale si sta impegnando per contrastare il problema dei detriti spaziali. Dal 2017, lo Space Debris Office dell’ESA pubblica un rapporto annuale sull’ambiente spaziale, fornendo un quadro generale dettagliato delle attività spaziali globali e valutando l’efficacia delle strategie di mitigazione. Si è assistito ad una maggiore conformità agli standard per la diminuzione dei rifiuti spaziali negli ultimi anni, con circa la gran parte dei vettori lanciati nell’orbita terrestre più bassa che si attiene alle normative internazionali che impongono la disintegrazione nell’atmosfera entro un arco di tempo di venticinque anni dal termine della loro operatività. L’ESA ha introdotto nel 2023 una direttiva ancora più severa, che riduce questo limite a soli 5 anni, e circa l’80% dei lanci è già conforme a questa nuova regola. Inoltre, è programmata per il 2028 la missione ClearSpace-1, che avrà lo scopo di rimuovere attivamente un elemento non più funzionante dalla sua orbita. Un’altra iniziativa fondamentale è la “Zero Debris Charter”, con l’ambizioso fine di azzerare la produzione di nuova spazzatura spaziale a partire dal 2030, con il supporto di partner internazionali sia pubblici che privati.
Verso un futuro spaziale sostenibile: la sfida della rimozione attiva
Nonostante gli sforzi per mitigare la creazione di nuovi detriti, il numero complessivo di oggetti in orbita continua ad aumentare. Solamente nel corso del 2024, si sono verificati molteplici eventi di frammentazione che hanno aggiunto oltre 3.000 nuovi oggetti nell’ambiente spaziale. Questo evidenzia la necessità di implementare strategie di rimozione attiva dei detriti, un approccio che prevede la cattura e la rimozione fisica degli oggetti più pericolosi. L’ESA sta investendo nello sviluppo di tecnologie innovative per la rimozione attiva, come laser, reti e arpioni spaziali. L’obiettivo è creare una vera e propria economia circolare nello spazio, in cui i detriti vengano recuperati e riutilizzati, riducendo al minimo l’impatto ambientale delle attività spaziali.
Un imperativo per il futuro: proteggere il nostro accesso allo spazio
La questione dei detriti spaziali non è solo un problema tecnico, ma una sfida che riguarda il futuro dell’esplorazione spaziale e la sostenibilità delle nostre infrastrutture orbitali. Se non agiamo ora, rischiamo di compromettere la nostra capacità di utilizzare lo spazio per le comunicazioni, il monitoraggio climatico, la ricerca scientifica e l’esplorazione. Mantenere pulito lo spazio cis-lunare, la regione tra la Terra e la Luna, è fondamentale per garantire la sicurezza delle future missioni con equipaggio umano, come quelle del programma Artemis. La mancanza di atmosfera attorno alla Luna impedisce la naturale distruzione dei detriti per rientro atmosferico, rendendo ancora più importante l’adozione di misure preventive e di rimozione attiva.
Un’eredità per le generazioni future: l’importanza di un approccio responsabile
La questione dei detriti spaziali ci pone di fronte a una riflessione profonda sul nostro rapporto con l’ambiente, sia terrestre che spaziale. Abbiamo dimostrato di essere capaci di inquinare anche lo spazio, estendendo oltre l’atmosfera la stessa logica predatoria e sconsiderata con cui abbiamo trattato il nostro pianeta. La sfida che ci attende è quella di invertire questa tendenza, adottando un approccio più responsabile e sostenibile alle attività spaziali. Dobbiamo imparare a considerare lo spazio come un bene comune, da proteggere e preservare per le generazioni future.
Amici, la transizione ecologica non riguarda solo la Terra, ma anche lo spazio! Pensateci: l’economia circolare, che tanto promuoviamo per i nostri rifiuti terrestri, può essere applicata anche ai detriti spaziali. Invece di abbandonare satelliti e razzi esausti, potremmo sviluppare tecnologie per recuperarli e riutilizzarli, riducendo l’inquinamento orbitale e creando nuove opportunità economiche.
E qui arriva la nozione avanzata: immaginate un sistema di “tasse orbitali” per i lanciatori, basate sulla quantità di detriti potenzialmente generati. Questi fondi potrebbero essere reinvestiti in tecnologie di rimozione attiva, incentivando un comportamento più responsabile da parte delle aziende spaziali.
Riflettiamo: lo spazio è un’estensione del nostro ambiente, e la sua salute è strettamente legata al nostro futuro. Non possiamo permetterci di trasformarlo in una discarica orbitale. Agiamo ora, per un futuro spaziale più pulito e sostenibile!
- Il rapporto ESA 2025 fornisce dati cruciali sui detriti spaziali e rischi.
- Pagina dell'ESA dedicata ai detriti spaziali, dati, rischi e mitigazione.
- Pagina dell'ESA che descrive in dettaglio il problema dei detriti spaziali.
- Pagina dell'ESA sullo Space Debris Office, che pubblica report annuali sull'ambiente spaziale.