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- Metà dei 150 miliardi di capi prodotti annualmente resta invenduta.
- Entro il 2050, il tessile consumerà 300 milioni di tonnellate di petrolio.
- Meno del 3% dei lavoratori tessili percepisce un salario dignitoso.
L’industria della moda, in perpetuo cambiamento, sta vivendo una trasformazione radicale, spinta soprattutto dalle politiche dell’Unione Europea e da una sempre maggiore responsabilità delle aziende. Negli ultimi anni, c’è stata una forte accelerazione su questioni cruciali come la sicurezza dei prodotti chimici, la gestione della supply chain e l’adozione di modelli di economia circolare. Questa evoluzione è stimolata non solo dalle normative, ma anche da una nuova consapevolezza delle imprese, che vedono nella sostenibilità un fattore chiave per distinguersi in un mercato sempre più competitivo.
Transizione Ecologica e Politiche UE
La politica dell’UE per la transizione della moda verso approcci di responsabilità ambientale e sociale sta trovando un terreno fertile, anche se le aziende nutrono delle preoccupazioni, soprattutto in una situazione di instabilità geopolitica e di diminuzione della capacità di spesa dei consumatori. Negli ultimi quindici anni, le imprese hanno maturato esperienza nel complesso ambito delle certificazioni, investendo in tecnologie che favoriscono la flessibilità e la riduzione dell’utilizzo di acqua ed energia. I consumatori, dal canto loro, sono sempre più convinti che il riciclato sia preferibile al nuovo e che anche il cotone possa essere biologico.
La UE sta chiedendo la messa a regime di approcci che il settore ha già adottato volontariamente, affrontando in modo sistematico le aree indicate nella “Risoluzione del Parlamento europeo del 1° giugno 2023 sulla strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari”. Questa strategia si concentra su:
Circolarità fin dalla progettazione
Rifiuti tessili e responsabilità estesa del produttore
Trasparenza e tracciabilità
Dovere di diligenza ed equità sociale
L’obiettivo è duplice: ridurre l’impatto ambientale del sistema moda e superare il modello della fast fashion, considerato responsabile di gravi criticità ambientali e sociali. La traduzione di questi principi in regolamenti e direttive è il passaggio successivo, senza dimenticare la necessità di incentivare lo sviluppo di processi che richiedano un minore consumo di energia e acqua e che evitino l’uso e il rilascio di sostanze nocive.

Slow Fiber: Un Modello di Moda Equa
In questo contesto, emerge l’esperienza di Slow Fiber, una rete di aziende tessili italiane che dimostra come sia possibile produrre in modo diverso anche su scala industriale. Fondata sui principi di Slow Food, Slow Fiber promuove una visione della moda in cui la bellezza di un capo è legata al rispetto dei diritti altrui, alla salvaguardia dell’ambiente e alla salute. Un prodotto è ritenuto di valore se apporta benessere e salute a chi lo indossa, si dimostra corretto nei confronti di chi lo fabbrica ed è ecologicamente sostenibile e longevo per il nostro pianeta.
Pur essendo imprese italiane con un respiro internazionale, le realtà che aderiscono a Slow Fiber possono vantare una solida tradizione nell’intera filiera produttiva della moda. Queste realtà aziendali devolvono l’uno per cento del loro volume d’affari annuale alla sostenibilità, si riforniscono quasi interamente con energia prodotta da fonti rinnovabili, riutilizzano le acque di scarico e reimpiegano integralmente i residui di lavorazione. In aggiunta, ideano e producono articoli agevolmente riparabili e reimpiegabili, con l’obiettivo di estenderne la durata. Allungano la vita dei loro prodotti grazie a una progettazione che ne facilita la riparazione e il riutilizzo.
Sfide e Opportunità per il Futuro
I numeri della moda impongono un cambio di rotta. Si calcola che circa la metà dei 150 miliardi di indumenti e accessori prodotti annualmente resti invenduta. Qualora questa eccessiva produzione non dovesse interrompersi, l’industria tessile, entro il 2050, arriverebbe a consumare 300 milioni di tonnellate di petrolio, genererebbe il 26% delle emissioni globali di anidride carbonica e riverserebbe negli oceani oltre 20 milioni di tonnellate di microplastiche. Se questa tendenza alla sovrapproduzione non si invertirà, entro il 2050, l’industria tessile consumerà 300 milioni di tonnellate di petrolio, sarà responsabile del 26% delle emissioni globali di CO2 e rilascerà più di 20 milioni di tonnellate di microplastiche negli oceani.
Oltre alle sfide ambientali, ci sono anche questioni sociali da affrontare. Oggi, la moda impiega un lavoratore su sei, ma meno del 3% percepisce un salario dignitoso. Molti lavorano in condizioni ambientali pericolose, soprattutto nei Paesi più poveri. Per questo, Slow Fiber pone l’attenzione sui contratti, sul turn over, sulla parità di genere e sul gap retributivo, richiedendo l’adesione al regolamento europeo sull’uso di sostanze chimiche nei processi di lavorazione tessili (REACH). Solo una minoranza dei lavoratori del settore tessile percepisce una retribuzione equa, nonostante la moda dia lavoro a una persona su sei a livello globale.
Un Futuro Sostenibile per la Moda: L’Evento di Trani
La Puglia si fa portavoce di questo cambiamento con l’evento “Economia Circolare per una Moda Sostenibile in Puglia”, in programma il 29 aprile 2025 a Palazzo Beltrani a Trani. Questa giornata di dibattito, stimolo e confronto intende rielaborare l’intera catena del valore tessile e dell’abbigliamento in un’ottica di sostenibilità, etica e progresso. L’iniziativa, supportata da Giacomo Marinaro e Cataldo De Luca, coinvolgerà aziende, stilisti, enti, studenti e soggetti interessati al fine di condividere pratiche virtuose, innovazioni tecnologiche, modelli economici circolari e prospettive condivise per un settore della moda che salvaguardi l’ambiente e valorizzi le risorse umane del territorio. L’evento si pone come obiettivo la rivalutazione dell’intera filiera tessile e dell’abbigliamento, promuovendo sostenibilità, etica e innovazione.
Verso una Consapevolezza Collettiva: Un Nuovo Paradigma per la Moda
In conclusione, la transizione verso una moda sostenibile è un processo complesso che richiede l’impegno di tutti gli attori della filiera, dalle imprese ai consumatori. Le politiche dell’UE, le iniziative come Slow Fiber e gli eventi come quello di Trani rappresentano passi importanti verso un futuro in cui la moda sia sinonimo di responsabilità ambientale e sociale.
Transizione ecologica, nel contesto della moda, significa ripensare l’intero ciclo di vita di un capo, dalla progettazione alla produzione, fino al consumo e allo smaltimento. Una nozione base è che ogni scelta, anche la più piccola, ha un impatto sull’ambiente e sulla società.
Un concetto più avanzato è quello della responsabilità estesa del produttore (EPR), che implica che le aziende non sono responsabili solo della produzione, ma anche della gestione del prodotto a fine vita, incentivando il riciclo e il riuso.
Riflettiamo: ogni volta che acquistiamo un capo di abbigliamento, stiamo votando per un modello di produzione. Scegliere prodotti sostenibili ed etici è un modo per sostenere un futuro migliore per noi e per il pianeta.