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- 18 aziende italiane del settore fashion sono certificate B Corp, dimostrando un forte impegno verso la sostenibilità ambientale e sociale.
- Il 22% delle aziende B Corp del tessile è a guida femminile, superando la media del settore.
- Il 60% di incremento degli acquisti di abiti a livello globale dal 2000 al 2014 ha contribuito all'aumento dei rifiuti tessili.
Il mondo della moda sta vivendo una trasformazione significativa verso la sostenibilità, con un numero crescente di aziende che adottano pratiche responsabili per ridurre l’impatto ambientale e sociale. In Italia, 18 aziende del settore fashion sono certificate B Corp, un riconoscimento che attesta l’impegno verso un impatto positivo sull’ambiente e sulla società. Queste aziende, per lo più piccole e medie imprese, stanno dimostrando come sia possibile coniugare successo economico e responsabilità ambientale.
Secondo Anna Puccio, managing director di B Lab Italia, il settore della moda è spesso criticato per il suo impatto ambientale, soprattutto a causa del fast fashion. Tuttavia, le B Corp del fashion stanno emergendo come esempi virtuosi, abbracciando un modello rigenerativo che trae innovazione dall’ambiente stesso. La maggior parte di queste aziende si trova nel Nord Italia, con una concentrazione significativa in Lombardia.
Le B Corp nel settore della moda si distinguono non solo per la loro eccellenza produttiva, ma anche per una forte presenza di donne nelle posizioni chiave. Il 22% delle aziende B Corp del tessile è a guida femminile, un dato superiore alla media del settore. Inoltre, l’80% di queste aziende si impegna nella tutela dell’ambiente, utilizzando risorse naturali e riducendo l’uso di materiali sintetici inquinanti.
Ad esempio, Artknit Studios utilizza solo fibre naturali come lino, cashmere e cotone, mentre Miomojo realizza borse e accessori con materiali vegetali come scarti di mele, cactus e ananas. Peninsula Swimwear punta sul poliestere riciclato e packaging composto di alghe marine. Queste aziende non solo riducono l’impatto ambientale, ma anche generano impatti positivi sulla catena di fornitura, integrando comunità locali e promuovendo percorsi di indipendenza economica per rifugiati e donne.
Il movimento delle B Corp in Italia è in crescita, con 292 aziende certificate che occupano oltre 25.000 persone in 74 industrie diverse, generando un fatturato di oltre 14 miliardi di euro.
Fast fashion: sostenibilità e inquinamento dell’industria della moda
Il fast fashion è uno dei principali responsabili dell’impatto ambientale dell’industria della moda. Con il raddoppio della produzione negli ultimi 20 anni, l’industria della moda ha visto un aumento significativo degli scarti destinati alla discarica o all’inceneritore. Nel 2014, rispetto al 2000, si sono acquistati il 60% di abiti in più a livello globale, ma la durata della vita degli abiti si è dimezzata.
Le aziende di fast fashion, come Zara e H&M, producono fino a 24 collezioni all’anno, generando grandi quantità di invenduto che finiscono per essere smaltite con ingente danno ambientale. Si stima che ogni anno l’85% dei tessili prodotti finisca in discarica, contribuendo al 10% delle emissioni serra globali. Inoltre, il 20% dell’inquinamento delle acque deriva dai processi di tintura e lavorazione dei tessuti.
Le fibre sintetiche come nylon e poliestere, derivate dal petrolio, hanno un alto impatto ambientale dall’estrazione del greggio fino allo smaltimento dei capi a fine vita. Il lavaggio dei tessuti sintetici è la maggiore causa di inquinamento da microplastiche, che costituiscono il 31% dell’inquinamento da plastica degli oceani.
Per affrontare questi problemi, è necessario adottare strategie di riduzione della produzione, riuso e riciclo. Modelli predittivi delle richieste e pratiche virtuose di riuso e riciclo possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale dell’industria della moda. Un recente paper ha evidenziato come l’esportazione di abiti usati dal Global North al Global South possa spostare il problema dello smaltimento e dell’inquinamento, mascherando una pratica dannosa come virtuosa.
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L’impegno per una moda sostenibile
La moda sostenibile è un movimento che mira a ridurre l’impatto ambientale e sociale dell’industria della moda. Ogni anno, l’industria della moda emette 1,2 miliardi di tonnellate di gas serra, consuma grandi quantità di acqua e utilizza materie prime primarie. La fast fashion, caratterizzata dal rinnovo ultrarapido delle collezioni e dalla breve durata d’uso dei capi, contribuisce significativamente a questo impatto negativo.
Per promuovere una moda più etica, molte aziende stanno adottando misure responsabili. L’Unione Europea ha presentato una strategia per un settore tessile sostenibile e circolare, che prevede regole per il ciclo di vita del prodotto, la produzione rispettosa dell’ambiente e dei diritti umani, e la trasparenza per il consumatore. Inoltre, il riutilizzo dei rifiuti tessili è al centro delle questioni ambientali, contribuendo al risparmio di risorse naturali e fossili.
Le certificazioni come GOTS, GRS e OCS garantiscono pratiche sostenibili e trasparenti, promuovendo l’uso di materiali riciclati e il rispetto dei diritti dei lavoratori. Ecocert, un ente certificatore, supporta le aziende nella promozione delle loro buone pratiche ambientali e sociali, selezionando marchi con un impatto positivo sul pianeta.
In conclusione, la sostenibilità nel settore tessile richiede investimenti da parte dei marchi per offrire abiti dal design migliore, prodotti in modo più naturale ed ecologico, nel rispetto dei lavoratori e della biodiversità. Tuttavia, anche i consumatori devono fare la loro parte, adottando un modello di consumo più consapevole e utilizzando più a lungo i loro abiti.
Moda e sviluppo sostenibile: perché è necessario che le aziende di moda adottino pratiche sostenibili
L’industria della moda è il terzo settore manifatturiero più grande al mondo e ha un impatto significativo sugli indicatori di sviluppo sociale e ambientale. Ridurre le emissioni di CO2, affrontare il problema della sovrapproduzione, ridurre l’inquinamento e gli sprechi, promuovere la biodiversità e garantire salari equi e condizioni di lavoro sicure sono elementi cruciali per ridurre l’impatto ambientale e sociale del settore.
Lo sviluppo sostenibile, definito nel 1987 dalla Commissione Brundtland, cerca di bilanciare l’uso delle risorse naturali e la protezione dell’ambiente con lo sviluppo economico e il progresso sociale. L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), rappresenta una roadmap per promuovere il benessere umano, proteggere l’ambiente e contribuire a un futuro sostenibile.
L’UN Fashion Alliance promuove la collaborazione tra le diverse agenzie dell’ONU nel settore della moda, sostenendo progetti e politiche che assicurino un contributo positivo della catena del valore della moda verso il raggiungimento degli SDGs. Gli obiettivi dell’Alleanza includono la riduzione delle emissioni di gas serra, la minimizzazione dell’uso di risorse naturali, la riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento, la promozione dell’equità e dell’inclusione, e il contributo alla crescita economica sostenibile.
Adottare un modello di business sostenibile presenta sfide e opportunità per le aziende di moda. Ridurre l’impatto ambientale, attrarre investimenti e rispondere alle normative sempre più rigorose sono alcuni dei vantaggi di un approccio sostenibile. Tuttavia, i costi iniziali e la resistenza al cambiamento possono rappresentare ostacoli significativi.
Bullet Executive Summary
La transizione ecologica nel settore della moda è una necessità urgente per ridurre l’impatto ambientale e sociale di un’industria che, da sola, emette 1,2 miliardi di tonnellate di gas serra ogni anno. Le aziende B Corp del fashion stanno dimostrando come sia possibile coniugare successo economico e responsabilità ambientale, adottando pratiche sostenibili e promuovendo l’uso di materiali naturali e riciclati. Tuttavia, il fast fashion continua a rappresentare una sfida significativa, con il suo modello di produzione e consumo che genera grandi quantità di rifiuti e inquinamento.
Un concetto base di transizione ecologica applicabile al tema della moda è l’adozione di pratiche di economia circolare, che prevedono il riuso e il riciclo dei materiali per ridurre gli sprechi e l’impatto ambientale. Le certificazioni come GOTS e GRS garantiscono pratiche sostenibili e trasparenti, promuovendo l’uso di materiali riciclati e il rispetto dei diritti dei lavoratori.
Una nozione avanzata di sostenibilità nel settore della moda riguarda l’adozione di modelli predittivi delle richieste basati sull’intelligenza artificiale, che possono contribuire a ridurre la sovrapproduzione e gli sprechi. Inoltre, la promozione di pratiche equosolidali e il coinvolgimento delle comunità locali nella catena di fornitura possono generare impatti positivi a livello sociale ed economico.
In conclusione, la moda sostenibile rappresenta un invito a un consumo più consapevole, in cui qualità, etica e durabilità diventano i pilastri fondamentali delle scelte di stile. Guardando al futuro, possiamo aspettarci una crescente consapevolezza dell’importanza di un’industria della moda che sia in armonia con l’ambiente e la società, offrendo una visione di un futuro in cui la moda diventa non solo un mezzo di espressione personale ma anche uno strumento per rispettare noi e il nostro pianeta.
- Sito ufficiale di B Lab Italia, organizzazione che certifica le aziende sostenibili
- Sito ufficiale di B Corp Italia, Certification Body per le aziende sostenibili
- Sito ufficiale di B Lab, ente che certifica le aziende come B Corp, per approfondire sulla certificazione e sull'impegno verso la sostenibilità