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Scoperto fungo marino che mangia la plastica: una speranza per i nostri oceani

Gli scienziati del NIOZ hanno identificato un fungo capace di degradare la plastica nel Pacifico, aprendo nuove prospettive per la sostenibilità ambientale.
  • Il fungo Parengyodontium album degrada plastica a una velocità di 0,05% al giorno.
  • Nella Great Pacific Garbage Patch si accumulano circa 80 milioni di chilogrammi di plastica.
  • La produzione annuale di plastica è di circa 400 miliardi di chilogrammi, e questa cifra è destinata a crescere.

Un gruppo internazionale di scienziati guidati dal Royal Netherlands Institute for Sea Research (NIOZ) ha presentato i risultati di una ricerca rivoluzionaria. Nelle acque del Pacifico è stata scoperta una varietà di fungo, il Parengyodontium album, che si nutre dei rifiuti in plastica. Questo fungo è stato trovato nella Great Pacific Garbage Patch, una zona dell’oceano Pacifico rinomata per l’accumulo di rifiuti, creando vere e proprie isole galleggianti. Il fungo vive negli strati superficiali dell’acqua insieme ad altri microbi, degradando la plastica a una velocità di 0,05% al giorno durante un periodo di 9 giorni.

Questo microrganismo marino si nutre di plastica polietilene a base di carbonio (PE), la tipologia di plastica più pervasiva nei mari, utilizzata comunemente per produrre beni di consumo come bottiglie e buste. La presenza della luce solare è necessaria affinché il fungo marino utilizzi il PE come fonte energetica. Questo piccolo aiutante potrebbe contribuire a ripulire i nostri mari e oceani, una priorità del presente e per il futuro prossimo.

Prospettive pratiche positive per la sostenibilità ambientale

Come riportato nel report ufficiale dello studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, questo microscopico organismo apre nuovi scenari positivi per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in plastica, ostici e problematici per l’ambiente. Nell’area della Great Pacific Garbage Patch si sono accumulati circa 80 milioni di chilogrammi di plastica, di cui una parte galleggia mentre un’altra parte finisce per sprofondare nei fondali oceanici. Con una produzione annuale attuale di plastica che si aggira attorno ai 400 miliardi di chilogrammi, le statistiche indicano che questa cifra è destinata ad aumentare.

I ricercatori ritengono che il fungo marino non sia l’unico organismo su cui fare affidamento: è probabile che esistano altri microrganismi in grado di svolgere la medesima funzione a profondità maggiori. Nell’attesa di ulteriori scoperte, la pratica migliore rimane astenersi dall’uso della plastica, soprattutto quella usa-e-getta. La natura sembra venire in nostro soccorso nella lotta per preservare la vita sulla Terra, ma il lavoro da fare spetta a noi.

Funghi mangia-plastica: una speranza per il futuro

Immaginate un mondo in cui la plastica non venga degradata da processi industriali complessi e costosi, ma da un fungo. Questo scenario, che potrebbe sembrare fantascienza, è sempre più vicino alla realtà. Molti studi hanno individuato specie di funghi in grado di decomporre materiali plastici. Nel 2012, studenti dell’Università di Yale hanno scoperto una rara specie di fungo, il Pestalotiopsis microspora, nella foresta pluviale amazzonica, che consuma poliuretano e lo converte in materia organica. L’Aspergillus tubingensis ha dimostrato capacità di degradare plastiche in una discarica pakistana nel 2017, ‘smontando’ poliuretano e poliestere in piccoli pezzi in due mesi.

Secondo un’analisi del 2020 dell’ACS Sustainable Chemistry and Engineering, l’uomo produce 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica ogni anno, ma meno del 10% viene riciclato. Secondo il WWF, ogni anno finiscono nelle acque marine tra 4,8 e 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, portando il bilancio a circa 86 milioni di tonnellate di plastica che navigano nei nostri oceani. L’emergenza è evidente dai dati, e i ricercatori stanno cercando di adattare funghi terrestri mangia-plastica all’ambiente marino, con la natura che sembra venire in aiuto.

Riduzione della plastica negli oceani: una sfida globale

Il processo di degradazione e riduzione della plastica negli oceani prodotto dal fungo Parengyodontium album avviene soltanto in presenza di luce solare. Nei vortici subtropicali del Pacifico settentrionale si accumula molta plastica galleggiante, con oltre 80 milioni di chilogrammi di plastica presenti. Con una produzione umana di plastica che raggiunge i 400 miliardi di chilogrammi all’anno, questa immensa quantità di rifiuti rischia di continuare a ingrandirsi. È prioritario trovare modi per smaltire la plastica in mare.

I microbiologi del NIOZ, in collaborazione con l’Università di Utrecht, l’Ocean Cleanup Foundation e altri partner internazionali, hanno isolato il fungo dai rifiuti plastici nel Pacifico settentrionale. Questo fungo è stato coltivato in laboratorio su polietilene da atomi di carbonio “etichettato”, un processo noto come carbon isotopic labeling. I ricercatori hanno scoperto che il Parengyodontium album degrada il polietilene, ma la maggior parte del carbonio viene espulsa sotto forma di anidride carbonica. La scoperta del fungo mangia-plastica può rappresentare un progresso significativo, ma restano incognite per eliminare tutta la plastica negli strati profondi dell’oceano.

Bullet Executive Summary

La scoperta del fungo Parengyodontium album rappresenta una speranza concreta per la gestione dei rifiuti di plastica negli oceani. Questo microrganismo marino, capace di degradare il polietilene in presenza di luce solare, potrebbe contribuire significativamente alla riduzione dell’inquinamento plastico. Tuttavia, la sua azione è limitata alle plastiche galleggianti vicino alla superficie dell’acqua, e ulteriori ricerche sono necessarie per trovare soluzioni per i rifiuti plastici negli strati profondi dell’oceano. La natura sembra offrirci un aiuto prezioso, ma è fondamentale accompagnare queste innovazioni con una riduzione significativa dell’uso della plastica e lo sviluppo di altre soluzioni sostenibili.

Nozione base: La transizione ecologica implica il passaggio da un modello economico basato su risorse non rinnovabili e inquinanti a uno sostenibile, che utilizza risorse rinnovabili e riduce l’impatto ambientale. Questo cambiamento è essenziale per preservare gli ecosistemi e garantire un futuro sostenibile per le prossime generazioni.

Nozione avanzata: L’economia circolare è un modello economico che mira a ridurre al minimo i rifiuti e a sfruttare al massimo le risorse. Questo approccio prevede il riutilizzo, la riparazione, il riciclo e la rigenerazione dei materiali e dei prodotti esistenti, creando un ciclo continuo di utilizzo delle risorse. Applicare i principi dell’economia circolare alla gestione dei rifiuti di plastica, ad esempio attraverso l’uso di funghi mangia-plastica, può contribuire significativamente a ridurre l’inquinamento e a promuovere la sostenibilità ambientale.

In conclusione, la scoperta del fungo Parengyodontium album è un passo avanti nella lotta contro l’inquinamento da plastica. Tuttavia, è essenziale continuare a esplorare e sviluppare soluzioni innovative, ridurre l’uso della plastica e promuovere pratiche sostenibili per garantire un futuro più pulito e sano per il nostro pianeta.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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