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- La bozza di Baku proponeva solo 1,3 trilioni di dollari all'anno, il 20% del fabbisogno stimato.
- Proposta di aumento del fondo per il clima a 250 miliardi di dollari annui entro il 2035, considerata insufficiente.
- Il mercato internazionale del carbonio viene istituito, ma con preoccupazioni di elusione degli impegni di riduzione.
La recente conferenza sul clima Cop29, tenutasi a Baku, ha visto i negoziati protrarsi oltre il termine previsto, evidenziando le difficoltà nel raggiungere un accordo condiviso sulla finanza climatica. La bozza di accordo iniziale, proposta dalla presidenza, è stata criticata per la sua mancanza di ambizione e chiarezza, deludendo sia i paesi in via di sviluppo che la società civile. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno stimato che sarebbero necessari 6,5 trilioni di dollari all’anno fino al 2035 per rispettare gli obiettivi fissati dalla Cop21 di Parigi. Tuttavia, la bozza di Baku si è limitata a invitare gli attori a lavorare insieme per raggiungere almeno 1,3 trilioni di dollari all’anno entro il 2035, una cifra che rappresenta solo il 20% del fabbisogno stimato.
La proposta di aumentare il fondo per il clima da 100 miliardi a 250 miliardi di dollari all’anno entro il 2035, attraverso una combinazione di fonti pubbliche e private, è stata vista come insufficiente. Questa cifra, ben al di sotto delle aspettative, ha sollevato preoccupazioni sul fatto che i paesi ricchi potrebbero contribuire meno di quanto attualmente fanno, delegando parte degli investimenti a privati e banche, trasformando così gli aiuti in opportunità di investimento piuttosto che in contributi a fondo perduto.
Il Mercato Internazionale del Carbonio: Un Passo Avanti o un Compromesso?
Un altro punto cruciale discusso alla Cop29 è stato l’istituzione del mercato internazionale del carbonio, previsto dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi. Questo mercato consentirà agli stati di investire in progetti di decarbonizzazione all’estero, come la riforestazione, e di contabilizzare la riduzione delle emissioni come parte dei propri obiettivi nazionali. Sebbene questa iniziativa possa rappresentare un passo avanti nella lotta contro il cambiamento climatico, vi sono preoccupazioni che possa anche diventare uno strumento per i paesi più ricchi per eludere i propri impegni di riduzione delle emissioni, trasferendo la responsabilità ai paesi in via di sviluppo.
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Le Reazioni dei Paesi in Via di Sviluppo e le Prospettive Future
La reazione dei paesi in via di sviluppo è stata di forte critica, con il gruppo G77+Cina che ha respinto la proposta iniziale, chiedendo un incremento di aiuti pari a 1.300 miliardi di dollari all’anno, iniziando dal 2025, principalmente sotto forma di sovvenzioni pubbliche non rimborsabili. Dopo intense trattative, i paesi sviluppati hanno aumentato l’offerta a 300 miliardi all’anno entro il 2035, ma questa cifra è ancora lontana dalle richieste dei paesi meno sviluppati e delle piccole isole, che hanno minacciato di bloccare l’accordo.
Alla fine, l’accordo è stato raggiunto, ma non senza compromessi significativi. Il documento finale consente ai paesi in via di sviluppo di fornire aiuti senza obblighi, una concessione fatta per accontentare la Cina. Inoltre, non vi sono stati aumenti degli impegni di decarbonizzazione rispetto alla Cop28 di Dubai, un punto su cui la UE ha dovuto cedere.
Una Strada Lunga e Difficile Verso la Sostenibilità
La Cop29 ha evidenziato le sfide e le tensioni che caratterizzano i negoziati internazionali sul clima. Sebbene siano stati fatti passi avanti, come l’approvazione del mercato internazionale del carbonio, le questioni finanziarie rimangono un ostacolo significativo. La roadmap da Baku a Belem, sede della prossima Cop30, sarà cruciale per definire come raggiungere l’obiettivo di 1.300 miliardi di dollari all’anno di aiuti entro il 2035.
La transizione ecologica è un processo complesso che richiede un impegno collettivo e concertato da parte di tutte le nazioni. Un concetto base è che la sostenibilità non riguarda solo la protezione dell’ambiente, ma anche l’equità sociale ed economica. È fondamentale che i paesi sviluppati riconoscano la loro responsabilità storica e forniscano supporto adeguato ai paesi in via di sviluppo, che sono spesso i più colpiti dai cambiamenti climatici pur avendo contribuito meno alle emissioni globali.
In un contesto più avanzato, l’economia circolare rappresenta un modello di sviluppo che può aiutare a ridurre la pressione sulle risorse naturali e a minimizzare i rifiuti. Questo approccio richiede un ripensamento dei processi produttivi e dei modelli di consumo, promuovendo il riutilizzo, la riparazione e il riciclo. La sfida è integrare questi principi nelle politiche climatiche globali, garantendo che gli sforzi per la decarbonizzazione siano accompagnati da strategie per una gestione sostenibile delle risorse.
Riflettendo su questi temi, è evidente che la strada verso un futuro sostenibile è lunga e complessa, ma non impossibile. Richiede una visione condivisa e un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti. Solo attraverso la cooperazione e l’innovazione possiamo sperare di affrontare le sfide climatiche e costruire un mondo più equo e sostenibile per le generazioni future.